“Cerchi
di pensare a come si svolge la sua giornata, signor Donati” attaccò l’uomo, allungandosi sulla sua sedia, mentre
la donna si appoggiava alla scrivania.
“Mi sa dire quante volte utilizza Internet, servendosi di un suo account personale?”
Marco cercò di calcolarle: la mattina a casa, poi nella redazione con cui collaborava, oppure a scuola, quando aveva lezione, poi ancora una volta a casa, all’ora di cena, e l’ultima, appena prima di spegnere il computer. Tutto ciò, senza contare il fatto che, attendendo qualche risposta alla sua candidatura a uno dei soliti annunci di lavoro online a cui si ostinava a dare credito, apriva e chiudeva la sua casella di posta almeno una volta ogni mezz’ora.
“In media, direi sei o sette” rispose alla fine, sottacendo il fatto che le ore di navigazione, per lavoro o diporto, erano almeno otto al giorno.
“Quanti siti visita, in media?” incalzò il suo interlocutore.
A quella domanda, non avrebbe davvero saputo rispondere con precisione, ma gli bastò fare una velocissima ricognizione mentale per contare almeno dieci indirizzi che consultava quotidianamente. Si tenne basso e rispose: “Venti.”
“E quante tessere utilizza?
“Mi sa dire quante volte utilizza Internet, servendosi di un suo account personale?”
Marco cercò di calcolarle: la mattina a casa, poi nella redazione con cui collaborava, oppure a scuola, quando aveva lezione, poi ancora una volta a casa, all’ora di cena, e l’ultima, appena prima di spegnere il computer. Tutto ciò, senza contare il fatto che, attendendo qualche risposta alla sua candidatura a uno dei soliti annunci di lavoro online a cui si ostinava a dare credito, apriva e chiudeva la sua casella di posta almeno una volta ogni mezz’ora.
“In media, direi sei o sette” rispose alla fine, sottacendo il fatto che le ore di navigazione, per lavoro o diporto, erano almeno otto al giorno.
“Quanti siti visita, in media?” incalzò il suo interlocutore.
A quella domanda, non avrebbe davvero saputo rispondere con precisione, ma gli bastò fare una velocissima ricognizione mentale per contare almeno dieci indirizzi che consultava quotidianamente. Si tenne basso e rispose: “Venti.”
“E quante tessere utilizza?
“Bancomat, carte di credito, abbonamenti…
qualunque servizio che presupponga la presenza di una tessera, insomma.”
“Beh, ne ho… vediamo… quattr… no, cinque…
contando anche quelle del supermercato e del videonoleggio.”
“Poche, allora, anche se probabilmente si
sta dimenticando di qualcos’altro ancora, le assicuro” commentò placidamente
Raffaele. “In ogni caso”, riprese, “come lei saprà, ogni volta che entra in
Rete, visita un sito, acquista qualcosa online, fa passare la sua tessera in un
lettore, c’è un server che registra l’attività.”
Marco ascoltava posando lo sguardo ora
sull’uomo, ora sulla donna. Sperava davvero che alla fine la spiegazione si
dimostrasse convincente.
“Adesso” continuò l’altro, “provi a
immaginare la quantità di informazioni a cui uno potrebbe avere accesso se potesse
raccogliere tutte quei dati: i movimenti del suo conto corrente, i suoi acquisti, le
sue abitudini, i suoi ritmi… Perfino le volte che passa di fronte a una telecamera
pubblica, anche quelle a circuito chiuso, possono essere registrate e archiviate.”
“Non sarebbe possibile: per ogni tessera,
c’è un sito diverso, un data base differente…”
“Giusto.”
“Ognuno di essi tratta i propri dati, è
separato dagli altri.”
“Corretto.”
“Quindi nessuno può recuperare tutti questi
dati e metterli insieme.”
“È
qui che si sbaglia” esclamò l’uomo, allargando il suo sorriso. “Noi lo possiamo fare. Lo facciamo da sempre.”
“Quindi, voi sareste in grado di intercettare
e registrare tutti i dati di tutti i siti di tutta le Reti?”
“Già. Un lavoraccio, eh?”
“Marco” intervenne la donna, che fino a quel
momento non aveva smesso di fissarlo benignamente e - così almeno gli
era parso - con comprensione per il suo disorientamento, “so che è difficile da
credere, ma noi siamo davvero in grado di accedere a qualunque computer collegato alla
Rete.”
“È per questo, che l’abbiamo creata,
dopotutto” aggiunse l’altro, accavallando le gambe con noncuranza.
“Cosa?”
“La Rete.”
“Volete dire che Internet è vostra?” Marco
avrebbe voluto che la sua domanda uscisse con un tono un po’ più scettico.
“Raffaele non voleva dire questo” si
affrettò a spiegare la donna. “Voleva dire che la nostra organizzazione ha contribuito
a fondarla, finanziando la sua espansione al di fuori delle università americane e
fornendo consulenze tecniche per migliorarla e integrarla. Non siamo stati
gli unici, in ogni caso.”
“La Rising Star?”
“Anche” rispose la donna, attenuando un po’
il suo sorriso. “Ma non solo.”
“In cambio del nostro supporto” proseguì
Raffaele, “abbiamo la possibilità di accedere a ogni singolo indirizzo: ecco come ci è
possibile ottenere tutte queste informazioni.”
Marco rimase in silenzio per un po’.
“Mettiamo pure che vi creda” riprese.
“Immagino che si tratti di una mole di dati semplicemente gigantesca…”
“Di più, di più!” confermò l’altro.
“Bene: dove li mettete? Cosa ne fate?”
L’uomo e la donna si scambiarono uno
sguardo. Solo dopo qualche istante, incoraggiato da un breve cenno dell’altra,
l’uomo riprese a parlare.
“Naturalmente, ci serviamo di computer molto
particolari. Rimarrebbe stupito di scoprire cosa siamo in grado di fare
grazie alla loro potenza.”
Altra pausa.
“Non posso entrare in particolare tecnici”
continuò poi, “né credo che in fondo le interessino. Sappia solo che oltre ai
dati scaricati da ogni singolo server di questo mondo, le nostre macchine sono in
grado di recuperare e digitalizzare ogni conversazione telefonica, ogni
trasmissione satellitare, ogni variazione della corrente elettrica in ogni casa… Le posso
dire con esattezza dove e quando si è accesa la luce in ogni singola abitazione
di questa città. Mi creda, c’è davvero poco che può sfuggire ai nostri sistemi.”
“Non è possibile”protestò Marco, che però
non riusciva a convincere nemmeno se stesso, senza capire perché. “Questa è
un’assurdità, chi mai… chi mai…”
Osservando i volti dei due che gli stavano
di fronte però, seppe che quello che gli era stato raccontato era la verità.
“Immagino che mi direte che utilizzate dei
computer quantistici, a questo punto.”
“Beh, sì” ammise l’uomo che si faceva
chiamare Raffaele. “Abbiamo utilizzato esclusivamente quelli fino al ’95, a dire il
vero.”
“Mi scusi, so già che la mia obiezione non
varrà nulla, ma - lei capisce - devo muoverla: che io sappia, la tecnologia di
cui sta parlando è solo nella testa di qualche scienziato. Ho letto qualcosa a
proposito ma… a meno che, naturalmente, non mi stiate dicendo che in realtà si
tratta di una tecnologia che per voi è ormai da considerare obsoleta. Non me ne
stupirei, sappiatelo.”
“Meglio così, allora, sarà più facile andare
avanti nella spiegazione.”
“Solo un’altra domanda, prima che lei
continui.”
“Dica, dica pure.”
“Voi non siete cavalieri templari, vero? Non
mi chiederete di rintracciare il Sacro Graal, vero?”
“No, non siamo templari” spiegò con aria
divertita l’uomo che si faceva chiamare Raffaele. “E non si preoccupi, abbiamo già
recuperato il Graal, è stato nel ’75 a Grenoble… ehi, non
faccia quella faccia e torni a sedersi: stavo scherzando!”
Nessun commento:
Posta un commento