martedì 19 novembre 2013

SANNO (QUASI) TUTTO DI NOI...


 “Cerchi di pensare a come si svolge la sua giornata, signor Donati” attaccò l’uomo, allungandosi sulla sua sedia, mentre la donna si appoggiava alla scrivania. 
“Mi sa dire quante volte utilizza Internet, servendosi di un suo account personale?” 
Marco cercò di calcolarle: la mattina a casa, poi nella redazione con cui collaborava, oppure a scuola, quando aveva lezione, poi ancora una volta a casa, all’ora di cena, e l’ultima, appena prima di spegnere il computer. Tutto ciò, senza contare il fatto che, attendendo qualche risposta alla sua candidatura a uno dei soliti annunci di lavoro online a cui si ostinava a dare credito, apriva e chiudeva la sua casella di posta almeno una volta ogni mezz’ora. 
“In media, direi sei o sette” rispose alla fine, sottacendo il fatto che le ore di navigazione, per lavoro o diporto, erano almeno otto al giorno. 
“Quanti siti visita, in media?” incalzò il suo interlocutore. 
A quella domanda, non avrebbe davvero saputo rispondere con precisione, ma gli bastò fare una velocissima ricognizione mentale per contare almeno dieci indirizzi che consultava quotidianamente. Si tenne basso e rispose: “Venti.”
“E quante tessere utilizza?
“A cosa si riferisce, esattamente?”


“Bancomat, carte di credito, abbonamenti… qualunque servizio che presupponga la presenza di una tessera, insomma.”
“Beh, ne ho… vediamo… quattr… no, cinque… contando anche quelle del supermercato e del videonoleggio.”
“Poche, allora, anche se probabilmente si sta dimenticando di qualcos’altro ancora, le assicuro” commentò placidamente Raffaele. “In ogni caso”, riprese, “come lei saprà, ogni volta che entra in Rete, visita un sito, acquista qualcosa online, fa passare la sua tessera in un lettore, c’è un server che registra l’attività.”
Marco ascoltava posando lo sguardo ora sull’uomo, ora sulla donna. Sperava davvero che alla fine la spiegazione si dimostrasse convincente.
“Adesso” continuò l’altro, “provi a immaginare la quantità di informazioni a cui uno potrebbe avere accesso se potesse raccogliere tutte quei dati: i movimenti del suo conto corrente, i suoi acquisti, le sue abitudini, i suoi ritmi… Perfino le volte che passa di fronte a una telecamera pubblica, anche quelle a circuito chiuso, possono essere registrate e archiviate.”
“Non sarebbe possibile: per ogni tessera, c’è un sito diverso, un data base differente…”
“Giusto.”
“Ognuno di essi tratta i propri dati, è separato dagli altri.”
“Corretto.”
“Quindi nessuno può recuperare tutti questi dati e metterli insieme.”
 “È qui che si sbaglia” esclamò l’uomo, allargando il suo sorriso. “Noi lo possiamo fare. Lo facciamo da sempre.”
“Quindi, voi sareste in grado di intercettare e registrare tutti i dati di tutti i siti di tutta le Reti?”
“Già. Un lavoraccio, eh?”
“Marco” intervenne la donna, che fino a quel momento non aveva smesso di fissarlo benignamente e - così almeno gli era parso - con comprensione per il suo disorientamento, “so che è difficile da credere, ma noi siamo davvero in grado di accedere a qualunque computer collegato alla Rete.”
“È per questo, che l’abbiamo creata, dopotutto” aggiunse l’altro, accavallando le gambe con noncuranza.
“Cosa?”
“La Rete.”
“Volete dire che Internet è vostra?” Marco avrebbe voluto che la sua domanda uscisse con un tono un po’ più scettico.
“Raffaele non voleva dire questo” si affrettò a spiegare la donna. “Voleva dire che la nostra organizzazione ha contribuito a fondarla, finanziando la sua espansione al di fuori delle università americane e fornendo consulenze tecniche per migliorarla e integrarla. Non siamo stati gli unici, in ogni caso.”
“La Rising Star?”
“Anche” rispose la donna, attenuando un po’ il suo sorriso. “Ma non solo.”
“In cambio del nostro supporto” proseguì Raffaele, “abbiamo la possibilità di accedere a ogni singolo indirizzo: ecco come ci è possibile ottenere tutte queste informazioni.”
Marco rimase in silenzio per un po’.
“Mettiamo pure che vi creda” riprese. “Immagino che si tratti di una mole di dati semplicemente gigantesca…”
“Di più, di più!” confermò l’altro.
 “Bene: dove li mettete? Cosa ne fate?”
L’uomo e la donna si scambiarono uno sguardo. Solo dopo qualche istante, incoraggiato da un breve cenno dell’altra, l’uomo riprese a parlare.
“Naturalmente, ci serviamo di computer molto particolari. Rimarrebbe stupito di scoprire cosa siamo in grado di fare grazie alla loro potenza.”
Altra pausa.
“Non posso entrare in particolare tecnici” continuò poi, “né credo che in fondo le interessino. Sappia solo che oltre ai dati scaricati da ogni singolo server di questo mondo, le nostre macchine sono in grado di recuperare e digitalizzare ogni conversazione telefonica, ogni trasmissione satellitare, ogni variazione della corrente elettrica in ogni casa… Le posso dire con esattezza dove e quando si è accesa la luce in ogni singola abitazione di questa città. Mi creda, c’è davvero poco che può sfuggire ai nostri sistemi.”
“Non è possibile”protestò Marco, che però non riusciva a convincere nemmeno se stesso, senza capire perché. “Questa è un’assurdità, chi mai… chi mai…”
Osservando i volti dei due che gli stavano di fronte però, seppe che quello che gli era stato raccontato era la verità.
“Immagino che mi direte che utilizzate dei computer quantistici, a questo punto.”
“Beh, sì” ammise l’uomo che si faceva chiamare Raffaele. “Abbiamo utilizzato esclusivamente quelli fino al ’95, a dire il vero.”
“Mi scusi, so già che la mia obiezione non varrà nulla, ma - lei capisce - devo muoverla: che io sappia, la tecnologia di cui sta parlando è solo nella testa di qualche scienziato. Ho letto qualcosa a proposito ma… a meno che, naturalmente, non mi stiate dicendo che in realtà si tratta di una tecnologia che per voi è ormai da considerare obsoleta. Non me ne stupirei, sappiatelo.”
“Meglio così, allora, sarà più facile andare avanti nella spiegazione.”
“Solo un’altra domanda, prima che lei continui.”
“Dica, dica pure.”
“Voi non siete cavalieri templari, vero? Non mi chiederete di rintracciare il Sacro Graal, vero?”
“No, non siamo templari” spiegò con aria divertita l’uomo che si faceva chiamare Raffaele. “E non si preoccupi, abbiamo già recuperato il Graal, è stato nel ’75 a Grenoble… ehi, non faccia quella faccia e torni a sedersi: stavo scherzando!”

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